Un Regista deve essere al servizio della Storia. di Aldo Iuliano

di Aldo Iuliano

Da piccolo, nella mia Crotone, mi divertivo con Severino – mio fratello sceneggiatore – a   ricostruire le scene cinematografiche che vedevo nei film e nelle serie TV: ribaltavamo divani, spostavamo mobili, recitavano insieme ad altri amici i nostri personaggi preferiti. Tra inquadrature e storyboards, storie scritte di getto ed ogni “ciak” ripreso con la nostra amata macchina da presa (che registrava su nastri minidv), cercavamo di replicare tutto quello che ci passava per la mente.

Dai gialli di Hitckock reinterpretati in chiave comedy ai Ghostbusters in versione italiana, passavamo il tempo a cavallo tra sogno e realtà. A 18 anni ho lasciato la Calabria e sono andato a Teramo, dove mi sono iscritto alla facoltà di Scienze della Comunicazione. Lì ho iniziato un percorso di studi che mi ha permesso di comprendere ancora meglio il linguaggio per immagini: Fellini, Kubrick, Scorsese, Lynch, De Sica, grazie alle lezioni del prof. Italo Moscati respiravo cinema a lezione e mi appassionavo sempre di più alla settima arte. Nel tempo libero invece frequentavo fumettisti coltivando la mia altra grande passione: disegnare.

Ho pubblicato qualche fumetto e lavoricchiato facendo disegni per piccole case editrici indipendenti, pur non avendo frequentato nessuna scuola di disegno. Autodidatta sin da piccolo, rubavo con gli occhi dai più grandi, mi allenavo a casa ridisegnando i fumetti della Marvel e studiando anatomia sui libri di Leonardo quando le prospettive non mi tornavano. La narrazione sequenziale del fumetto è stata la base linguistica più importante per lo sviluppo delle mie idee cinematografiche. Iniziai a girare cortometraggi sperimentali molto liberi, non dimenticando mai lo spettatore a cui desideravo arrivassero le mie storie. Spesso parto dal sogno, per raccontare la realtà. Sogno non inteso come semplice attività onirica, ma come viaggio visivo che attraverso la macchina cinematografica arriva paradossalmente a raccontarci la realtà.

Arrivai a Roma subito dopo essermi laureato, arricchito dalla teoria cinematografica ma consapevole delle mie lacune pratiche. Era ora di fare esperienza sui set. Non conoscevo nessuno, e allora ho iniziato a frequentare ragazzi del Centro Sperimentale e di altre scuole di cinema della capitale, coinvolgendoli nei miei progetti. Mi sono rimboccato le maniche e ho fatto esperienze in diversi reparti, perché ero curioso di capire meglio i vari mestieri: attore, scenografo, sceneggiatore, montatore, operatore. Dai direttori della fotografia ho imparato la tecnica e le regole “non scritte” del set.

Il cortometraggio Fulgenzio (dramedy) ha rappresentato un mio primo salto professionale: dai corti zero budget ai corti low budget. Il corto è ambientato in una chiesa romana ed ha come tema l’apparenza: una futura sposa viene a conoscenza che lo sposo ha un secondo nome un po’ ridicolo, Fulgenzio, e decide di non sposarlo. Mi divertiva tessere un crescendo rossiniano intorno allo scontro – quasi western – di personaggi surreali, famiglie il cui interesse principale non era l’amore tra i due sposi, bensì la riuscita del matrimonio.

Dopo Fulgenzio ho realizzato diversi altri corti, cambiando spesso genere cinematografico. Sono sempre stato convinto che è la storia che racconti che ti suggerisce il genere cinematografico, e tu regista devi solo avere orecchio per ascoltarla.

Penalty è il corto drammatico che mi ha dato più soddisfazioni personali e professionali.  Ho lavorato tantissimo sullo script, sulla messa in scena con non-attori conosciuti nei centri di seconda accoglienza di Crotone. Ho affrontato il tema della sopravvivenza attraverso una piccola storia di ragazzi migranti, una fotografia emotiva raccontata attraverso la metafora del calcio. Conosco bene quello sport, da ragazzo, nella mia Crotone, giocavo a calcio ovunque.

Quando lessi la prima bozza dello script buttato giù da mio fratello Severino, mi balzarono subito in mente le immagini impresse nella mia memoria di quelle partite. La spensieratezza, la rabbia a volte, i sentimenti accesi. E poi ho pensato alle partite di calcio di quei ragazzi nei centri d’accoglienza. Partite che nascondevano le loro storie personali, il peso che queste persone portavano nel cuore una volta intrapreso il loro viaggio lontani da casa. Il gioco del calcio, metafora beffarda, mi è sembrato provocatoriamente la chiave giusta per far riflettere lo spettatore su quel magma di sentimenti. Penalty nelle ultime immagini ti sferra un forte pugno emotivo nello stomaco.

E’ un corto che ha avuto grande visibilità sia nazionale che internazionale, e sono molto contento: 45 premi internazionali, il Globo d’oro dalla stampa estera, la run degli Oscar che mi ha fatto conoscere tanti meccanismi oltreoceano. Ma al di là dei premi, la cosa che porto di più nel cuore sono i rumori della sala durante la visione del corto. In ogni parte del mondo dove l’ho proiettato, seppur diversi ed eterogenei i pubblici, dal fondo della sala dove mi mettevo sempre sentivo le stesse reazioni. Il cinema è un grande strumento, ti permette di condividere sentimenti universali se scandagli l’animo umano con sincerità. Non importa di che estrazione sociale sei, che colore della pelle hai, o da dove vieni. Parli a tutti in maniera diretta, e il messaggio arriva attraverso le immagini.

Guarda Penalty su Raiplay

Dopo questo lungo percorso di crescita professionale, quest’anno è arrivata l’ora del mio primo lungometraggio, Space Monkeys, prodotto da Freak Factory insieme con Raicinema. Abbiamo girato in Calabria a Ottobre del 2019, ora siamo in postproduzione.

La protagonista del film è Souad Arsane, una talentuosa giovane promessa francese. Con la Calabria Film Commission (che ha appoggiato sin dall’inizio il progetto), in una conferenza stampa all’Italian Pavillion all’ultimo festival di Cannes abbiamo presentato lei e la crew tecnica, che vanta – come in Penalty – la firma di Daniele Ciprì alla fotografia (David di Donatello quest’anno per Il primo Re), il montaggio di Marco Spoletini, le scenografie di Paki Meduri, i costumi di Francesca Sartori e Mara Masiero, e molti altri professionisti altrettanto di qualità. Un grazie particolare lo devo a tutti i tecnici e ai giovanissimi assistenti che non hanno mai smesso di correre sul set. Bisogna lanciare avanti i giovani, hanno bisogno di set e hanno sete di esperienze.

A tal proposito, una cosa a cui tengo particolarmente è l’insegnamento. Faccio spesso laboratori e masterclass nelle scuole, soprattutto in Calabria. La mia terra ha bisogno di formare giovani, e trovo che sia fondamentale mostrar loro la complessità di questo mestiere. Io al tempo dovetti andare via per imparare, oggi faccio questi corsi per puro spirito di restituzione. Anche a Roma da cinque anni ormai, alla Rea Academy, proseguo un percorso simile e sono sempre contento di scoprire nuovi cineasti con cui condividere saperi e entusiasmo. Anche loro mi danno tanto, in questo mestiere è importante rimanere connessi con la realtà che ti circonda. Questi ragazzi hanno una predisposizione mentale e una velocità nell’apprendimento incredibile, anche se a volte proprio per questa velocità, c’è una minore propensione all’ascolto. Un caposaldo fondamentale su cui mi impunto sempre?

” Un regista deve essere al servizio della storia, e non viceversa. Di questi tempi, purtroppo capita il contrario. Per capirlo veramente c’è bisogno di girare, scrivere tanto, guardarsi intorno. E vivere appieno la realtà, anche quando si vuole utilizzare il sogno per raccontarla. Ci vuole tempo e voglia di andare a fondo agli argomenti, quindi va bene correre veloce, ma a volte tocca fermarsi e analizzare quello che accade”. Mel’hanno insegnato le mie radici, la mia famiglia, mio centro gravitazionale dal quale colgo la forza ed ispirazione per andare avanti innanzitutto come uomo, ma anche come regista. E provo a trasmetterlo a chi viene dopo di me.

https://www.aldoiuliano.com/

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Informazioni su aldo Iuliano,

Aldo Iuliano, nato a Crotone, inizia la sua carriera artistica come fumettista. Presto si laurea in scienze della comunicazione e approfondisce l’esperienza con un progetto sperimentale, condiviso con lo sceneggiatore e fratello Severino IulianoAldo lavorato anche per la TV (trasmissione su Rai, Mediaset, la7), spot (Fox) e web-series (Copy / Past, The Guardian). Oltre ai corsi nelle scuole, tiene specifici workshop di storytelling e regia all’Università di Teramo. Dal 2015 è docente di regia al Film Academy Romeur, e quest’anno è stato invitato a tenere una masterclass nel prestigioso Pembroke College di Oxford. Aldo fa parte del team di giovani cineasti dell’agenzia Moviement e continua a lavorare come fumettista e storyboarder per diverse produzioni. Attualmente sta lavorando al primo progetto di lungometraggio "Space Monkeys".prodotto da Freak Factory/RaiCinema.

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