“Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so, ma ogni mare ha un’altra riva e arriverò”

di Bruno Casaretti
Queste parole di Cesare Pavese sono scolpite al cimitero di Lampedusa dove gli abitanti dell’isola hanno regalato un angolo di terra ai migranti che “non ce l’hanno fatta.” Ho scoperto questo angolo di solidarietà degli amici lampedusani durante le mie tre missioni come medico volontario del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (CISOM) a bordo delle motovedette della Guardia Costiera di Lampedusa. In una di queste missioni, nel luglio 2018, ho avuto la ventura di dare assistenza medica in mare a quello che è stato l’ultimo numeroso gruppo di migranti giunti a Lampedusa: 450 tra bambini, donne e uomini……
Partito a mezzanotte da Lampedusa dopo circa tre ore di navigazione abbiamo soccorso in mare il barcone con il suo carico di disperati a bordo; e sul quel barcone, durante l’intervento, sono salito per prestare assistenza ad un giovane in condizioni molto compromesse perché beveva acqua di mare da tre giorni…. L’odore che c’era su quel barcone mi è rimasto nel naso per giorni: odore della disperazione umana, della sofferenza…..
E lì, in mezzo al mare -dove il mare non tocca terra- ho visto la tragedia umana dei migranti…e lì devi immaginare ciò che hanno lasciato quegli uomini, quelle donne con quei bimbi per decidere di affrontare questo viaggio che qualche nostro connazionale – senza vergogna- definisce pacchia! E poi al rientro a Napoli vivi una esperienza, se possibile, più sconvolgente…scontrarti con l’indifferenza di tanti che non vogliono sentire raccontare, che non sono minimamente interessati a vicende umane per loro lontane, che non vogliono essere distratti dal godimento della loro tranquilla sicurezza raggiunta….. Un po’ come quando nella “Napoli milionaria ”di Eduardo De Filippo, il protagonista Gennaro vuole raccontare le brutture della guerra a chi ha ormai indurito il suo cuore nel nuovo raggiunto benessere post-bellico…..
Ma tutto ciò accade poi per caso? o è la storia che anche se in altre forme e modalità si ripete? E così, certo non per caso, mi sono ritrovato tra le mani il libro di Hannah Arendt “La banalità del male” Il libro viene scritto dalla filosofa Arendt durante il processo ad Adolf Eichmann a Gerusalemme nel 1961. Hannah Arendt viene inviata dal giornale statunitense “New Yorker” per assistere al processo a colui che viene ritenuto l’ideatore e l’esecutore della “soluzione finale” ovvero dello sterminio di sei milioni di ebrei durante il regime nazista.
Ma al di là della cronaca giudiziaria la Arendt evidenzia come Eichmann, il feroce aguzzino sterminatore di ebrei, non sia altro che una persona iscrittasi al partito nazista perché rimasto senza lavoro e non per una convinzione ideologica; successivamente per le sue personali conoscenze nel mondo ebraico tedesco viene considerato un “esperto della questione ebraica” diventando così responsabile dell’organizzazione dello sterminio nei territori del Reich nazista.
E sempre dalla Arendt veniamo a sapere che all’inizio in Germania e nei territori occupati si parlava di liberare i territori dagli ebrei dapprima attraverso le migrazioni forzate, poi attraverso la deportazione in campi di lavoro e solo da ultimo attraverso la soluzione finale…… Vengono nel libro analizzati i problemi politici e soprattutto etici che stanno dietro la storia dello sterminio e di come sia potuto accadere…..il male incarnato da Eichmann appare “banale” e perciò ancora più temibile perché non trovò allora argini morali ed etici di chicchessia, anzi fu supportato inizialmente da disposizioni legislative che nascosero la sua vera natura….
Allora attenzione perché oggi come allora noi “potremmo abituarci” ad un male che indurisce i nostri cuori in un cambio di paradigma etico della nostra società: se pensi che sia giusto soccorrere una persona in mare non sei una persona solidale mossa da sentimenti di condivisione, cristiana o laica che sia, ma diventi un “buonista” uno che “ostenta buoni sentimenti di tolleranza e benevolenza.”(Treccani)
La banalità del male è quell’atteggiamento mentale (e non solo) che ci porta a guardare al nostro piccolo spazio geografico e dell’anima come unico universo che ci interessa: cerchiamo di non dimenticare mai che siamo tutti “temporaneamente residenti” e soprattutto “stranieri residenti” nei nostri spazi geografici… Ancora le parole della Arendt da “Le origini del totalitarismo” scritte nel 1951, ma sempre attuali…….
“Quel che è senza precedenti non è la perdita di una patria, bensì l’impossibilità di trovarne una nuova. D’improvviso non c’è più stato nessun luogo della terra dove gli emigranti potessero andare senza le restrizioni più severe, nessun paese dove potessero essere assimilati, nessun territorio dove potessero fondare una propria comunità. Ciò non aveva nulla a che fare con problemi materiali di sovrappopolamento, non era un problema di spazio, ma di organizzazione politica. Nessuno si era accorto che l’umanità, per tanto tempo considerata una famiglia di nazioni, aveva ormai raggiunto lo stadio in cui chiunque venisse escluso da una di queste comunità chiuse, rigidamente organizzate, si trovava ad essere escluso dall’intera famiglia delle nazioni, dall’umanità.”
Attiviamoci pertanto perché non trovi spazio una politica che prefigura una nuova epoca di muri in un mondo costellato di campi di internamento o di respingimenti in mare….
Bruno Casaretti é stato dirigente medico di PS e Medicina d’urgenza.
Da due anni in pensione si occupa “a tempo pieno” di volontariato e solidarietà come responsabile medico della Associazione Medici di Strada che offre assistenza sanitaria ai senza fissa dimora e prestazioni sanitarie specialistiche gratuite a rione Traiano di Napoli e al rione Salicelle di Afragola.
Sempre da volontario ha partecipato a diverse missioni a Lampedusa come medico del CISOM (Corpo Italiano Soccorso Ordine di Malta) per assistenza in mare ai migranti.